In occasione della celebrazione della Santa Cena, l'esortazione rivolta è ad accostarsi alla mensa. L'epistola agli Ebrei detta le dovute indicazioni su come accostarsi ad una così solenne celebrazione: con un cuore sincero innanzitutto, in piena certezza di fede, restando fermi nella confessione della nostra speranza, facendo pieno affidamento sulla fedeltà del Signore (Eb 10:22-23). Solo un'accorta preparazione permette di accostarsi con piena fiducia, in piena coscienza delle conseguenze nefaste che ne deriverebbero in caso contrario.
“Fate questo in memoria di me”, comandò il Maestro ai suoi discepoli, che ubbidirono senza opporre alcuna riserva, osservando persino le strane indicazioni ricevute di seguire l'uomo che trasportava la brocca d'acqua. Un'indicazione apparentemente insensata, ma che li condusse esattamente al luogo indicato dal Maestro, la solenne sala ove fu commemorata la sua morte.
Poco tempo dopo si consumerà difatti il sacrificio di Gesù sulla croce, una morte che ha significato per chi lo ha ricevuto come Signore e Salvatore, redenzione, liberazione dalla schiavitù del peccato, e una nuova vita vissuta in attesa di entrare nel regno dei cieli per l'eternità.
Gesù celebrò la Pasqua ebraica, assegnando allo stesso tempo a questa festività un nuovo significato. Egli stesso affermò di essere il Pane della vita, facendo chiara allusione al fatto che chi si sarebbe accostato a lui non avrebbe avuto mai più fame. Il calice del vino, invece, rappresentava il nuovo patto stabilito da Dio con l'umanità. Quattro erano i calici sulla tavola, ma quello bevuto in quella sala fu l'ultimo su questa terra, riservando il quarto alla celebrazione delle nozze con la sua Sposa.